«Vola alta, parola». Verba et “Verbum” nei poeti del Novecento

ISBN:9788870948233

Pagine:280

Dimensione:150 x 210

Soggetti:Teologia

Anno:2012

Rilegatura:brossura

Prezzo del libro

26,00

L’inquietudine accende il desiderio dell’Eterno. Tra le vicissitudini della vita, si fa più forte l’anelito al soprannaturale. È compito del poeta, come dice Ungaretti, farsi mediatore tra l’uomo e il suo Creatore, al fine di disvelare le meraviglie e i segreti del mondo. Esiste una relazione inscindibile tra creazione poetica e creazione divina (poie‹n), tra poesia e sacro, tra parola poetica (verbum) e Verbum, la Parola fatta carne. I poeti del Novecento che hanno fatto l’esperienza del “deserto” – lato sensu –, sanno che esso presenta «“due volti”: quello della prova e quello della letizia». Poiché «il bene e il buono fioriscono talora nell’infima lordura», sta all’uomo cercare il bene anche nel male e nel dolore e portarlo alla luce. Gravoso da sopportare, anche più dell’esperienza del “deserto”, è il silenzio di Dio, eppure silenzio e voce altro non sono se non il recto e il verso della stessa medaglia, come dice Luzi: «Infine crolla / su se medesimo il discorso, / si sbriciola tutto / in un miscuglio / di suoni, in un brusio. / Da cui / pazientemente / emerge detto / il non dicibile / tuo nome. Poi il silenzio, / quel silenzio si dice è la tua voce». Da Ungaretti a Saba, da Quasimodo a Luzi, alla Merini e oltre, tutti hanno sperimentato la fatica di credere e la forza di sperare, e, a volte aggrappati al sipario della vita, hanno cercato la «frontiera» della parola nel Verbum.