La Somma contro i Gentili

ISBN:9788870944082

Pagine:626

Dimensione:175 x 245

Soggetti:Teologia

Anno:2001

Rilegatura:cartonato

Prezzo del libro

104,00

Il Volume 2 della presente edizione comprende il Libro III del testo di san Tommaso, riporta il testo latino dell’edizione leonina con la traduzione italiana a fronte.
Gli argomenti trattati sono i seguenti: Dio è fine di tutte le cose; la felicità umana consiste nella contemplazione di Dio; la provvidenza divina; la provvidenza non è incompatibile con la libertà e non esclude l’utilità della preghiera; Dio governa il mondo mediante le creature intellettive, a cui ha affidato delle leggi da osservare; le creature umane sono responsabili delle loro azioni e i loro atti vengono premiati o puniti da Dio; necessità della grazia divina che causa nell’anima la fede, la speranza e la carità.
Il Liber de Veritate Catholicae Fidei contra errores infidelium, o Summa contra Gentiles, è diverso dalla Somma Teologica anzitutto per la destinazione. Mentre la Summa Theologiae è opera di studio e per studenti, la Contra Gentiles è concepita per la preparazione dei predicatori e apologeti: il titolo lo testimonia. Mentre la Summa Theologiae è opera di studio e per studenti, la Contra Gentiles è concepita per la preparazione dei predicatori e apologeti: il titolo lo testimonia. La stessa struttura sistematica è meno compiuta nella Contra Gentiles, e il quadro di concepimento è meno omogeneo. Netta è la distinzione tra le verità di fede che possono essere esplorate dalla ragione e le verità di fede che sono inaccessibili alla ragione naturale. E anche il metodo espositivo è completamente diverso: la divisione quest’opera è in libri e capitoli, non in trattati, questioni e articoli, come vorrebbe il metodo più squisitamente scolastico.
I quattro libri che la compongono raccolgono la materia distinguendo appunto tra verità divine che possono essere investigate dalla semplice ragione naturale dell’uomo (il contenuto dei primi tre libri) e quelle che oltrepassano queste capacità (il quarto libro). Per ciascuno di questi complessi, san Tommaso applica lo schema neoplatonico della permanenza – uscita – ritorno. E così, il primo libro riguarda Dio in se stesso, il secondo la creazione o l’uscita delle creature da Dio e il terzo il ritorno delle creature a Dio. Il quarto libro riguarda la considerazione delle verità assolutamente di fede. Perciò, alla considerazione di Dio in se stesso, cioè nel suo mistero trinitario, segue la considerazione dell’uscita da Dio con il mistero dell’incarnazione del Verbo e dei suoi sacramenti, e la considerazione del ritorno ultimo a Dio con la trattazione dei novissimi.
In quest’opera si coglie con grande evidenza l’importanza che l’Aquinate attribuisce al sapere filosofico. Tanto che usa una espressione efficacissima per avvalorare il discorso filosofico pur nelle sue difficoltà: è segno di massima follia l’atteggiamento dello sciocco che rifiutasse come false le affermazioni del filosofo per il fatto che lui non è in grado di comprenderle (Contra Gentiles I, 3).
Prendendo spunto da Proverbi 8,7, dove si legge: La mia bocca proclamerà la sapienza e le mie labbra detesteranno l’empio, san Tommaso delinea i compiti del sapiente.
Il compito del sapiente è considerare la Verità Prima e impugnare la falsità contraria ad essa. Infatti, il fine ultimo universale, quello che determina l’ordine delle cose, non può che essere oggetto della intelligenza divina e dunque è la Prima Verità, giacché oggetto proprio dell’intelligenza è la verità.
Lo studio della Sapienza conferisce la perfezione, perché rende partecipi della beatitudine divina; dona la sublimità dell’amicizia di Dio; è utile giacché introduce nella immortalità; dà la gioia del godimento allontanando la noia e l’amarezza.
Ma nel confutare l’errore occorre tener conto della caratteristica propria della verità che va difesa. Infatti, rispetto a Dio si danno due tipi di verità: verità di ragione naturale e verità di fede rivelata. Le prime sono raggiungibili dalla semplice intelligenza naturale dell’uomo; le seconde suppongono la fede. Per esempio, l’esistenza di Dio è una verità che può essere illustrata dalla ragione naturale; la Trinità, invece, supera le capacità della ragione. Perciò, nella difesa del primo ordine di verità basta il tenore dimostrativo della ragione; nella difesa del secondo tipo di verità occorre l’autorità della Scrittura e la sua corretta esposizione.
Tuttavia, è conveniente che anche le verità di ragione intorno a Dio siano state rivelate e dunque siano oggetto anche di fede, perché altrimenti solo pochi uomini sarebbero arrivati a conoscerle. Infatti, alcuni non sono portati per lo studio, oppure sono distolti dalle occupazioni per la famiglia o addirittura dalla pigrizia. E anche se vi si dedicano, occorrerebbe molto tempo data la profondità dell’argomento e i presupposti o requisiti per questa conoscenza sublime. Anche l’errore dovuto alla fantasia e alla improprietà nel condurre debitamente le argomentazioni sarebbe un ostacolo non irrilevante.
Ed anche le verità di semplice fede, pur non avendo la possibilità di essere dimostrate, sono però accompagnate da argomenti di convenienza o verosimiglianza. Essendo Dio l’unica fonte di entrambe le conoscenze, quella di ragione e quella di fede, non si può dare contrasto tra di esse. Ma occorre fare attenzione a non ritenere le argomentazioni verosimili come probanti, perché si otterrebbe l’effetto contrario: anziché confutare l’avversario gli si darebbe la possibilità della derisione di chi si affidasse a simili insufficienti ragioni per credere. Del resto, è proprio in questa situazione di ragionevolezza umana che acquista significato la credibilità della fede: l’imposizione della fede con la violenza e le armi è sintomo di falsità (Contra Gentiles I, 6).